
Quando parliamo di rebranding si pensa subito al cambio del logo, ma questa può essere solo una piccola parte di un’operazione più ampia che a volte interessa l’intera identità di un brand. Pensaci: quanti grossi marchi si son rifatti l’abito negli anni? Agli albori, la mela di Apple era coloratissima, e il logo Google è passato dal realismo al flat design. Ma da dove arriva la necessità di cambiar vestito, di ripensare la propria identità?
Rebranding vuol dire rinnovare l’immagine
Partiamo da un esempio pratico e vicino a noi: Google. Circa un mese fa abbiamo aperto la nostra pagina Chrome e all’improvviso abbiamo trovato tutta la G Suite con colori e forme diverse, cioè uguali. Non ci soffermeremo sulla usabilità o meno di questo particolare rebranding, fattore importantissimo da tenere in considerazione quando si sviluppa un lavoro di questo genere.
Semplicemente la volontà di Google è stata quella di mostrare il passaggio dalla Suite al Google Workspace, un unico luogo dove trovare tutti gli strumenti necessari al lavoro. Il rebranding serviva a comunicare questa intenzione, e per farlo era importante rinnovare nome e logo.
Anche se un brand ha successo, deve restare al passo coi tempi, prestare attenzione alle tendenze del design, ai cambiamenti del mercato e alla concorrenza. Per restare aggiornati, in linea con le esigenze e i gusti del target, serve un cambiamento strategico.
Quando programmare il restyling del brand?
Un’azienda sta vivendo una fusione, un’acquisizione o è in corso una scissione fra attività: qual è la prima cosa da fare? Cambiare nome, modificare il logo, aggiornare la propria identità, insomma mettere in atto un rebranding, che sarà diverso per ognuno dei tre casi. Si mantiene parte delle immagini di entrambi i loghi dei brand, oppure si dà più valore a quello che ha acquistato, o, ancora, si procede ad un rebranding completo.
Oppure si può voler solo aggiornare il logo, pensare un restyling dell’immagine coordinata e dei materiali di comunicazione: in questo caso siamo di fronte ad un semplice brand-refresh.
Infine esiste il caso di bad reputation: può succedere che un brand arrivi a conquistarsi una cattiva reputazione per svariati motivi. Prima di ripartire è più che giusto scrollarsi l’immagine legata all’esperienza negativa e risollevarsi con una nuova brand identity, un bel cambiamento che inizia proprio dal rebranding.
Sta di fatto che un marchio aggiornato dal punto di vista estetico si dimostra al passo coi tempi, aumentando il proprio appeal e richiamando l’attenzione della propria audience.
Cosa cambia dopo un rebranding?
Ma da dove cominciare? Sicuramente con un team creativo di graphic designers esperti e in grado di tradurre i valori del tuo brand in immagini. Come? Non hai una lista di valori e punti di forza del tuo marchio? Corri a compilarla!
La nuova immagine deve comunicare proprio gli elementi indispensabili e rappresentativi del tuo brand, includere il valore aggiunto che cattura i tuoi clienti, li fidelizza e crea una reputazione solida nel tempo. Deve comunicare insomma la tua brand awareness! È indispensabile anche stilare una lista dei problemi e delle criticità che questo rebranding deve evitare: riconoscere i punti deboli ed eliminarli.
Dopo queste azioni preliminari si va a definire la brand identity, analizzando insieme a dei professionisti a che livello agire e come. Gli elementi interessati da un’operazione di rebranding sono:
- Nome e logo
- Colori e font
- Pay off
- Immagine coordinata: carta intestata, biglietti da visita, volantini, depliant, packaging
- Canali di comunicazione: social media, sito web, brochure
Squadra che vince non si cambia, lo sappiamo. Finora tutti questi elementi hanno funzionato ma le tendenze corrono veloci ed è meglio stare al passo e rischiare il cambiamento! Il rebranding significa cambiare molti elementi, creare un impatto visivo nuovo e non sapere come viene accolto, è vero, ma un lavoro ben fatto rafforza l’identità del brand, non la disperde!

